Perché è un film piccolo. Breve. Importante. Perché fare meglio del Portrait de la jeune fille en feu era francamente quasi impossibile – soprattutto senza soldi mezzi attori attrici e durante un lockdown. Empatico nell’era in cui l’empatia al cinema ha stufato più dell’intensità a X Factor, il tutto su mia madre quando non era ancora mia madre di Céline Sciamma è la cosa migliore che abbiamo visto al cinema da quando al cinema ci siamo tornati e forse pure da parecchio prima. Perché non c’è bisogno di andare sul pineta con le dune o di seguire una carovana di artisti di strada coi superpoteri per creare meraviglia e Sciamma ancora una volta ce lo ricorda con l’ennesima grande prova della sua carriera.
Nell’anno in cui le registe francesi si sono portate a casa palme e leoni, la migliore di loro ci racconta la storia di una madre quando ancora madre non era e la storia di sua figlia quando già era sua figlia, senza la magnificenza dei costumi d’epoca ma con l’impeccabile tocco di dolcezza che ormai caratterizza da un decennio il suo cinema. Le ragazze, così perfette, si muovo nel tempo e nello spazio senza la preoccupazione di una macchina da presa regalandoci un’intimità che ormai pensavamo irricevibile su uno sfondo come tanti di una famiglia come tante. Ed è il fuori: il bosco, la capanna di rami, il fiume; Ed è il dentro: la camera materna, il bagno di campagna, la cucina spoglia. C’è poco altro poco più di un’ora di film. C’è tutto.
Rispondi